PRIMI PASSI
Riccardo Gatti, sin dai suoi primi passi, si approccia alla vita come bambino vivace, energico e ribelle alle regole. La sua natura esuberante nel tempo si è trasformata in una necessità di creare un’arte che potesse infrangere e trascendere le norme, permeando i materiali della sua stessa identità.
Respirata questa consapevolezza, da ragazzo si iscrive al liceo artistico, periodo della sua vita in cui si rende conto della necessità di una maggiore attenzione alla fantasia, al mondo interno, e alle particolarità di ogni essere umano nel creare la propria arte: aspetti che l’artista vede come molto distanti dalla scuola superiore.
LA NATURA AL CENTRO DI TUTTO
L'EVOLUZIONE
È nel suo percorso come studente universitario presso l’Accademia delle Belle Arti di Venezia, che Gatti scopre la ricchezza interiore dalla quale l’arte attinge. Di quegli anni Riccardo racconta “Era come se avessi un fuoco dentro, una necessità di vivere alla fonte della creatività, in una solitudine foriera di vita in cui scoprivo me stesso.” Attraverso forme estetiche, vissuti emozionali e una ricerca incessante, accompagnato dal supporto di guide esperte di cui riconosce il valore, Riccardo Gatti muore a sé stesso e rinasce come artista. Da quel momento resta fedele alla consapevolezza raggiunta, mantenendo un’incessante curiosità nei propri confronti e nella propria capacità di produrre nuove forme.
L’arte di Riccardo Gatti diventa un ponte diretto con l’inconscio creativo, in cui l’individuo si annulla nel processo:
“Non voglio imitare, ma essere natura che crea nuove forme”
Tale processo avviene senza che ci sia un obiettivo specifico da parte della mente razionale, tant’è che l’artista descrive la sua esperienza creativa come una necessità vitale: “come un vulcano che partorisce continuamente cose: non sono io che scelgo, è qualcosa che semplicemente avviene. Una spinta a seguire la mia indole, se non creassi sarei un animale che ha le ali ma non vuole volare. Non si tratta di altro se non della mia natura. Appare con violenza agli occhi dell’osservatore come l’impulso creativo sia un trasmutare nella materia la propria guerra, per il piacere di vincere o di perdere: “essere arte e portarla nel mondo a volte ti scaglia nel vuoto, ma che tu vinca o perda l’arte è tua compagna fedele per la vita.”